The China Mail - Ornella Muti, la diva di ferro e di velluto

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Ornella Muti, la diva di ferro e di velluto
Ornella Muti, la diva di ferro e di velluto

Ornella Muti, la diva di ferro e di velluto

Compie 70 un'attrice che ha segnato il cinema italiano

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(di Giorgio Gosetti) Domani Francesca Romana Rivelli, in arte Ornella Muti, festeggia un compleanno importante, ma quando nacque a Roma il 9 marzo 1955 non sapeva di aver anticipato di 24 ore la festa che sarebbe stato un suo emblema: la festa della donna. Si dirà che l'icona di Ornella è soprattutto un sogno proibito al maschile, ma la tenacia, i silenzi, l'impegno e la professionalità della donna rendono merito a una femminilità che nel tempo si è ritagliata una dignità senza stereotipi. Se negli anni '70 la Muti è stata alfiere della nuova stagione delle dive giovani (insieme a Eleonora Giorgi e Agostina Belli e poi Laura Antonelli) e di un cinema popolare che sfidava i tabù dell'Italia post-68, è anche vero che si tratta di una delle poche attrici nazionali con un autentico palmarès internazionale, cercata e scelta da autori come Vicente Aranda, Georges Lautner, Volker Schlöndorff, Anthony Hickox, Mike Figgis, Peter Greenaway. Ma anche in patria, la sua carriera è stata plasmata da grandi registi come Damiano Damiani, Mario Monicelli, Dino Risi, Marco Ferreri, Carlo Verdone, Ettore Scola, Francesca Archibugi, Citto Maselli. Solo Laureen Bacall può vantare nel pantheon delle "divine" capelli belli come quelli di Ornella; gli zigomi alti traducono la sua origine estone e russa per parte di madre (la scultrice Ilse Renate Krause); gli occhi azzurri e spesso socchiusi vanno a nascondere un'ironia penetrante; le labbra perfette e il sorriso illuminante compongono una maschera fotogenica che la impone fin dal primo provino. Alla fine degli anni '60, mentre la sorella maggiore Claudia tentava alla Lancio la strada del fotoromanzo (diventerà famosa in coppia con Franco Gasparri), la quattordicenne Francesca Romana, rimasta orfana di padre, si presentava al provino per Damiano Damiani. Il regista la sceglie tra mille volti per il personaggio di Franca Viola, eroina del femminismo ante litteram per aver rifiutato un matrimonio d'onore nella Sicilia della mafia rurale. Il fatto ha suscitato enorme clamore quattro anni prima e il film, "La moglie più bella" del 1969, si iscrive nel filone del miglior cinema civile degli anni '60. Su quel set, come si sa, Damiani le impone il nome d'arte che non la lascerà più, ispirandosi a due personaggi dannunziani. La bellezza di Ornella è una folgorazione sui set di Cinecittà: minuta e timida lontana dalla macchina da presa, Ornella riempie di sé lo schermo e fa innamorare operatori e registi. Lavora da subito sia in Italia (con Umberto Lenzi) che in Spagna dove le costruiscono il personaggio della giovane e seducente peccatrice e dove rimarrà incinta di Naike, la bellissima figlia a cui non ha mai voluto rivelare il nome del padre. Tornata a Roma in attesa della nascita, viene però chiamata da Mario Monicelli per il ruolo di Vincenzina in "Romanzo popolare" del 1974. Stretta tra l'amore del sindacalista Ugo Tognazzi e del poliziotto Michele Placido, la sua Vincenzina, immortalata dalla canzone di Enzo Jannacci "Vincenzina e la fabbrica", ha un grande successo e impone Ornella - pur doppiata - come una sicura protagonista in quella stagione del nostro cinema. Nello stesso anno si impone anche come bellissima tentatrice in "Appassionata" di Gianluigi Calderone dove il suo fresco successo si incontra con quello di Eleonora Giorgi. Hanno appena un anno di differenza, la più spregiudicata Eleonora le fa quasi da sorella maggiore (specie nelle scene erotiche) e le due diventeranno amiche per tutta la vita. Nel '75 si sposa poi col collega Alessio Orano, incontrato al suo debutto ne "La moglie più bella". Professionalmente quello è un periodo di grande fulgore per la Muti che sceglie però lavori impegnativi e molto diversi sotto la guida di Georges Lautner ("Morte di una carogna"), Dino Risi (La stanza del vescovo"), Marco Ferreri ("L'ultima donna"). Sullo schermo ha partner importanti come Gassman, Tognazzi, Depardieu, ma l'unico che le fa girare la testa è Adriano Celentano, incontrato nel 1980 (alla fine del primo matrimonio di Muti) sul set di "Il bisbetico domato" per un flirt confessato solo molti anni dopo. Il "molleggiato" le schiude anche le porte per una sorta di seconda carriera in cui l'attrice rivela un sorprendente talento comico, mentre sbarca anche a Hollywood (cercata da Dino De Laurentiis) per il kolossal "Flash Gordon" (nello stesso 1980). Curiosa e imprevedibile Ornella passerà dai successi con Celentano e Pozzetto alle raffinate atmosfere proustiane di "Un amore di Swann", ritroverà per la terza volta Ferreri che stravede per lei in "Il futuro è donna" (1984), lavorerà due volte con Francesco Nuti, sarà nel "Capitan Fracassa" di Scola con Massimo Troisi, farà coppia sullo schermo con Carlo Verdone. Nel frattempo, mentre conquista le copertine dei grandi rotocalchi da Time a Class e lavora tra Parigi e Hollywood, la sua burrascosa vita privata vede un nuovo matrimonio (con Federico Facchinetti) due figli (Carolina e Andrea), una tempesta giudiziaria dopo l'arresto del marito per bancarotta e un temporaneo allontanamento dallo schermo. Ritorna nel 1999 con "Panni sporchi" di Monicelli ma da allora sceglie sempre più spesso registe donne come Francescana Archibugi, Eleonora Giorgi (al suo debutto dietro la cinepresa), Asia Argento. Sarà anche in tv con la serie "Sirene" e sul palco dell'Ariston per il festival di Amadeus nel 2022. Per il resto vive appartata, si professa di regione buddista, ha nella figlia Naike l'amica più cara insieme alla costumista Nicoletta Ercole. Ornella Muti non ha mai sconfessato la sua immagine sensuale ma nel tempo ci appare come un'eroina del suo tempo e, scorrendo la filmografia, ci si accorge che ha lasciato il segno nel cinema dei grandi maestri con la sua voce roca, il sorriso malinconico, quello sguardo radioso che illumina lo schermo e la rende ogni volta assolutamente unica, giovane per sempre.

R.Lin--ThChM