The China Mail - Dazi USA-Cina: lezioni storiche

USD -
AED 3.672496
AFN 67.187566
ALL 81.809351
AMD 381.920245
ANG 1.790403
AOA 916.999684
ARS 1469.505203
AUD 1.497611
AWG 1.8025
AZN 1.708796
BAM 1.652067
BBD 2.013684
BDT 121.729949
BGN 1.651865
BHD 0.37701
BIF 2984.219774
BMD 1
BND 1.276513
BOB 6.909369
BRL 5.298599
BSD 0.999789
BTN 87.785057
BWP 14.174386
BYN 3.386916
BYR 19600
BZD 2.010974
CAD 1.37535
CDF 2824.999496
CHF 0.786965
CLF 0.024201
CLP 949.489866
CNY 7.11435
CNH 7.098202
COP 3880.53
CRC 503.86451
CUC 1
CUP 26.5
CVE 93.148104
CZK 20.547998
DJF 178.052046
DKK 6.30484
DOP 62.195379
DZD 129.135268
EGP 48.130202
ERN 15
ETB 144.894678
EUR 0.84468
FJD 2.23175
FKP 0.732451
GBP 0.732805
GEL 2.689851
GGP 0.732451
GHS 12.248312
GIP 0.732451
GMD 72.000501
GNF 8671.70672
GTQ 7.658909
GYD 209.190246
HKD 7.77598
HNL 26.216159
HRK 6.363298
HTG 130.827385
HUF 329.458498
IDR 16463.45
ILS 3.343098
IMP 0.732451
INR 87.852035
IQD 1309.794315
IRR 42062.504736
ISK 120.619655
JEP 0.732451
JMD 160.42573
JOD 0.708993
JPY 146.372496
KES 129.180184
KGS 87.44967
KHR 4006.74126
KMF 414.999721
KPW 899.982242
KRW 1378.50501
KWD 0.30497
KYD 0.833281
KZT 541.784406
LAK 21659.042623
LBP 89540.149778
LKR 301.744309
LRD 176.978442
LSL 17.387085
LTL 2.95274
LVL 0.60489
LYD 5.378624
MAD 8.975975
MDL 16.483141
MGA 4392.800875
MKD 51.982937
MMK 2099.648647
MNT 3597.429174
MOP 8.008836
MRU 39.925323
MUR 45.059917
MVR 15.310006
MWK 1733.804715
MXN 18.292397
MYR 4.188495
MZN 63.91028
NAD 17.387085
NGN 1491.16032
NIO 36.795202
NOK 9.82044
NPR 140.445158
NZD 1.671525
OMR 0.384464
PAB 0.999869
PEN 3.478059
PGK 4.179901
PHP 56.856497
PKR 283.736115
PLN 3.592282
PYG 7134.349791
QAR 3.646685
RON 4.279298
RSD 98.983971
RUB 83.123239
RWF 1449.370858
SAR 3.751716
SBD 8.217066
SCR 14.835986
SDG 601.503082
SEK 9.261065
SGD 1.276535
SHP 0.785843
SLE 23.309472
SLL 20969.503664
SOS 570.426997
SRD 38.299502
STD 20697.981008
STN 20.695189
SVC 8.748575
SYP 13001.781154
SZL 17.38113
THB 31.749937
TJS 9.423994
TMT 3.51
TND 2.894117
TOP 2.342106
TRY 41.29341
TTD 6.782954
TWD 30.038494
TZS 2465.000125
UAH 41.229219
UGX 3499.598767
UYU 40.202406
UZS 12283.739947
VES 160.247379
VND 26375
VUV 118.610162
WST 2.654417
XAF 554.132401
XAG 0.024002
XAU 0.000272
XCD 2.70255
XCG 1.801917
XDR 0.687945
XOF 554.087933
XPF 100.739114
YER 239.549615
ZAR 17.383698
ZMK 9001.195202
ZMW 23.422076
ZWL 321.999592

Dazi USA-Cina: lezioni storiche




La nuova ondata di dazi commerciali tra Stati Uniti e Cina, iniziata nel 2025 sotto la presidenza di Donald Trump, ha riacceso il dibattito sulle guerre commerciali e i loro effetti. Con tariffe che raggiungono il 145% sulle importazioni cinesi e contromisure di Pechino al 125% su prodotti americani, l’economia globale trema. Ma cosa ci insegna la storia sulle guerre dei dazi? Questo articolo analizza le esperienze passate per comprendere le possibili conseguenze del conflitto attuale.

Le guerre commerciali non sono una novità. Uno degli esempi più noti è la tariffa Smoot-Hawley del 1930, quando gli Stati Uniti imposero dazi fino al 60% sulle importazioni per proteggere l’industria interna durante la Grande Depressione. Il risultato fu disastroso: il commercio globale crollò del 66% tra il 1929 e il 1934, aggravando la recessione. I partner commerciali, come Canada ed Europa, risposero con dazi retaliatori, riducendo le esportazioni americane del 61%. La lezione fu chiara: i dazi protezionistici, se non calibrati, possono amplificare le crisi economiche anziché risolverle.

Un caso più recente è la guerra commerciale USA-Cina del 2018-2019, durante il primo mandato di Trump. Gli Stati Uniti imposero tariffe fino al 25% su 360 miliardi di dollari di beni cinesi, mentre Pechino rispose con dazi su 120 miliardi di dollari di prodotti americani, colpendo soprattutto l’agricoltura. Gli effetti furono misti: negli Stati Uniti, i consumatori pagarono 40 miliardi di dollari in più all’anno per beni importati, e gli agricoltori persero 12 miliardi di esportazioni, costringendo il governo a stanziare sussidi per 28 miliardi. Tuttavia, alcune industrie, come quella dell’acciaio, videro una crescita temporanea del 10% nell’occupazione. In Cina, l’export verso gli USA diminuì del 13%, ma Pechino accelerò la diversificazione commerciale, rafforzando i legami con l’Asia e l’Africa.

La storia evidenzia tre lezioni principali. Primo, i dazi aumentano i costi per i consumatori. Nel 2018, i prezzi di beni come elettronica ed elettrodomestici negli Stati Uniti crebbero del 3-5%, un fenomeno che si ripete oggi con un aumento del 4,2% nei prezzi dei prodotti cinesi nel 2025. Secondo, le catene di approvvigionamento globali soffrono: durante la guerra del 2018, il 30% delle aziende multinazionali ha dovuto riorganizzare le proprie filiere, un processo costoso che si sta ripetendo, con ritardi nelle consegne di componenti elettronici stimati al 20%. Terzo, le ritorsioni sono inevitabili. Nel passato, come oggi, la Cina ha risposto con dazi mirati e restrizioni su risorse strategiche, come i minerali rari, fondamentali per il 90% della produzione di batterie e semiconduttori.

Un altro insegnamento storico è che le guerre commerciali raramente raggiungono gli obiettivi dichiarati. Negli anni ’80, gli Stati Uniti imposero dazi del 100% sulle motociclette giapponesi per salvare Harley-Davidson. Sebbene l’azienda sopravvisse, il Giappone spostò la produzione negli USA, aggirando i dazi, e i consumatori pagarono prezzi più alti. Analogamente, i dazi attuali mirano a rilocalizzare l’industria americana, ma solo il 2% dei posti di lavoro manifatturieri è tornato negli Stati Uniti dal gennaio 2025, mentre le piccole imprese hanno tagliato 50.000 posti nel commercio al dettaglio.

Le guerre commerciali hanno anche un impatto geopolitico. Durante la disputa del 2018, la Cina rafforzò l’iniziativa Belt and Road, investendo 200 miliardi di dollari in infrastrutture globali per ridurre la dipendenza dagli Stati Uniti. Oggi, Pechino sta consolidando alleanze con Russia e Iran, mentre limita l’accesso a materiali critici, spingendo paesi come Australia e Cile a colmare il vuoto. Questo suggerisce che i dazi, anziché indebolire l’avversario, possono accelerare la riconfigurazione delle alleanze globali.

Tuttavia, la storia offre anche esempi di successi limitati. Negli anni ’90, gli Stati Uniti usarono la minaccia di dazi per aprire i mercati giapponesi e sudcoreani, ottenendo accordi commerciali vantaggiosi senza escalation. Questo indica che i dazi possono funzionare come leva negoziale, ma solo se accompagnati da diplomazia. Nel 2025, invece, l’assenza di dialogo diretto tra Trump e Xi Jinping rende improbabile una risoluzione rapida, prolungando l’incertezza.

Le conseguenze attuali riflettono le esperienze passate. I mercati globali hanno perso 2,5 trilioni di dollari in valore da aprile 2025, riecheggiando le turbolenze del 2018. L’inflazione globale, prevista al 3-4%, minaccia il potere d’acquisto, mentre il PIL mondiale potrebbe ridursi dell’1-2% entro il 2027 se il conflitto persiste. La storia ci avverte che le guerre commerciali non hanno vincitori assoluti: proteggono alcune industrie, ma a scapito di consumatori, imprese e stabilità globale.

Per il futuro, la chiave è bilanciare protezione e cooperazione. La storia insegna che i dazi funzionano meglio come strumento temporaneo, non come strategia permanente. Senza negoziati credibili, il conflitto USA-Cina rischia di ripetere gli errori del passato, con costi che ricadranno su tutti.